Andare, camminare, lavorare. L'Italia raccontata dai portalettere by Angelo Ferracuti

Andare, camminare, lavorare. L'Italia raccontata dai portalettere by Angelo Ferracuti

autore:Angelo Ferracuti [Ferracuti, Angelo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Literary Collections, Essays
ISBN: 9788807491979
Google: lt2KjgEACAAJ
editore: Feltrinelli
pubblicato: 2015-10-15T19:35:58+00:00


Ventotene. Sull’isola

Sono arrivato da Formia con il traghetto della Laziomar che traballava ieri sera, sfidando le onde alte, un’ora di traversata in mare aperto insieme a un gruppo di signori distinti e colti, e due avventuriste germaniche mature, coi pesanti zaini in spalla, i bastoni stretti nel pugno, le bandane in testa. Mentre l’imbarcazione conquistava il mare e ondeggiava fantasticavo su questo luogo mitologico di confino, non so perché ma mi tornavano in mente Le mie prigioni di Pellico, i Piombi di Venezia raccontati da Casanova e un film visto da ragazzo tratto da I miserabili con un Jean Valjean che sembrava Gesù Cristo. Su quest’isola venivano portati tutti i più pericolosi nemici del fascismo: Sandro Pertini, Umberto Terracini, Mauro Scoccimarro, Pietro Secchia, Altiero Spinelli, e naturalmente Giuseppe Di Vittorio. Ammanettati, controllati dagli sbirri, arrivavano anche loro sui piroscafi dopo traversate durate molti giorni. A un certo punto della navigazione si scorgono all’orizzonte due sagome indistinte: una più piccola di forma circolare come una grande mammella, sulla sinistra, l’altra più grande sulla destra. Man mano che l’aliscafo si avvicina si schiariscono come se riuscissi a metterle finalmente a fuoco, e poi “la ciabatta in mare”, come Camilla Ravera ha definito Ventotene, diventa finalmente sempre più visibile, mentre Santo Stefano resta sullo sfondo con in mezzo il carcere a forma panottica, oggi in rovina.

Quando arrivi a Ventotene è come se non l’avessi lasciata mai, tutto è famigliare e lo senti come intimo, forse perché è raccolto in pochi chilometri che si possono fare a piedi da qui a Punta dell’Arco. Tutto è piccolo e stretto, e si conquista facilmente. La trattoria L’Aragosta ha già aperto i battenti, i tavoli sono apparecchiati, un banco di pesce fresco dal lato opposto, pronto per essere cucinato, e più avanti la stradina che costeggia il porto romano, con sotto le tante barche ormeggiate, di lato la friggitoria, e l’immancabile banco coi prodotti locali, le pregiate lenticchie, i sottaceti. Quando sono arrivato in piazza Castello era tutto pulsante e vociante, i tavolini dei bar pieni di gente, i bambini correvano a piedi o sopra le biciclette, tutto era colorato e illuminato da un sole caldo che inteneriva.

Ventotene non ostenta, non fa mai l’occhiolino al turista. Se vai al bar Verde, dove c’era la mensa Rosselli di “Giustizia e Libertà”, e bevi un bicchiere ai tavolini sotto il pergolato, proprio di fronte alla torre borbonica, ti senti come a casa, la gente operosa di qui, e cioè gli agricoltori che curano gli orti, o i marinai che vanno a mare con le piccole barche, continuano tranquillamente la loro vita come se tu non ci fossi. Tutto è miracolosamente naturale e normale, ma l’ospitalità è talmente forte che non ti accorgi neanche di essere un turista, diventi un isolano anche tu in breve tempo.

Allora la cosa più naturale da fare in un luogo come questo è godersi il suo mare, scoprire le calette o le piccole spiagge attrezzate, o immergersi in quello che i sub di una certa



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